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Social network: perché prendere una pausa?

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Lo scrolling, ovvero l’abitudine di prendere in mano lo smartphone e scorrere i social, è diventato per molti di noi un gesto quasi automatico che facciamo senza pensarci troppo e, molto spesso, senza dare alcuna importanza all’effetto che può generare sulla nostra psiche.
Eppure le conseguenze in termini di benessere non sono affatto trascurabili. Un esempio? Potrebbe bastare una sola settimana di pausa dai social, per ridurre i nostri livelli di ansia e depressione.

A dimostrarlo è stato di recente uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Università di Bath (Regno Unito). L’indagine, che aveva proprio come obiettivo quello di studiare gli effetti sulla salute mentale che potrebbe avere la decisione di prendersi una pausa di una settimana dai social, è stata condotta su un campione di 154 individui di età compresa tra 18 e 72 anni. Ad alcuni partecipanti è stato chiesto  di smettere di utilizzare tutti i social media per una settimana o di ridurne l’utilizzo a pochi minuti, mentre ad altri, il cosiddetto gruppo di controllo, è stato consentito di utilizzarli come facevano d’abitudine. Per stabilire i livelli di ansia, depressione e benessere, all’inizio dello studio, i ricercatori hanno assegnato dei punteggi di base.

I risultati,  pubblicati sulla rivista statunitense Cyberpsychology, Behavior and Social Networking, hanno dimostrato come una sola settimana di assenza dai social migliorasse il livello generale di benessere degli individui. I partecipanti a cui era stato chiesto di prendersi una settimana di pausa, mostravano infatti miglioramenti significativi in termini di benessere, depressione e ansia rispetto a quelli che avevano continuato a utilizzare i social, suggerendo un beneficio a breve termine. Nello specifico, in termini di benessere, il gruppo che aveva sospeso l’uso dei social registrava 4,9 punti in più degli altri, mentre i livelli di depressione e ansia erano scesi di 2,2 punti e di 1,7 punti.

«Scorrere i social media è un’abitudine così comune che molti di noi lo fanno quasi senza pensare, dal momento in cui ci si sveglia a quando si va dormire – ha spiegato il ricercatore capo del Dipartimento per la salute di Bath , il dottor Jeff Lambert – ci sono però crescenti preoccupazioni sugli effetti che può avere sulla salute mentale, quindi con questo studio volevamo vedere se chiedere semplicemente alle persone di prendersi una settimana di pausa potesse produrre benefici. Molti dei nostri partecipanti hanno riportato effetti positivi evitando i social media con un miglioramento dell’umore e meno ansia in generale. Questo suggerisce che anche solo una piccola pausa può avere un impatto».

Ma da dove nasce la nostra ossessione per i social? E perché prenderci una pausa può risultare così difficile?

«L’indagine intanto conferma quello che purtroppo ci aspettavamo e che ricerche precedenti avevano suggerito: ovvero che la salute mentale non migliora sicuramente con lo smartphone e con l’utilizzo dei social» – ci spiega il Professor Giuseppe Lavenia, Psicologo, Psicoterapeuta  e Presidente Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche – E i motivi sono diversi. Prima di tutto dobbiamo pensare alla velocità con cui le nuove tecnologie si sono imposte prepotentemente nelle nostre vite: molti, soprattutto gli adulti, non erano pronti e già questo ci ha esposto a un rischio».

Social network: alla base un meccanismo di dipendenza anche fisica

«Spesso non si conosce il reale funzionamento dei social che possono  portare a meccanismi di tipo compulsivo – continua il Professor Lavenia –  I social network e i servizi di messaggistica sono basati sul sistema della ricompensa, ovvero su un processo neurofisiologico basato sulla dopamina, neurotrasmettitore che si attiva tutte le volte che siamo in attesa di una risposta. Ogni volta che facciamo un post e attendiamo un commento, un like o una reazione, questa attesa produce un rilascio di dopamina. Il risultato? La nostra mente finisce per associare qualcosa di positivo a qualcosa che positivo non è. Saperlo è importante perché questo meccanismo crea una dipendenza anche fisica, un processo simile a quello che si attiva con il gioco d’azzardo o con la cocaina. Ed è per questo che diventa compulsivo. Questo spiega perché non riusciamo a non guardare le notifiche e a staccarci: perché arriviamo ad aver bisogno di quella ‘botta’ di dopamina».

Anche se non ce ne rendiamo conto, i social possono poi generare in noi uno stato d’ansia per diversi motivi.

«Da un lato la dipendenza fisica comporta anche l’astinenza e un conseguente stato d’ansia ma non solo – spiega ancora lo psicologo –  i nuovi social sono basati sull’impatto visivo, sul corpo che viene esposto: questo finisce per generare il confronto con l’altro, il timore di non essere all’altezza e tutta una serie di difficoltà che generano inevitabilmente ansia».

I social ci offrono inoltre l’illusione di sentirci più vicini agli altri, sempre connessi con le persone, quando in realtà finiscono per isolarci.

«Un altro elemento che genera ansia è quello di arrivare a vivere le relazioni all’interno dei social e poi aver paura di mettersi alla prova e fare esperienze con persone in carne ed ossa – precisa il Professor Lavenia –  si arriva ad essere talmente abituati a gestire le relazioni online che dopo si possono avere grandi difficoltà a gestirle al di fuori. Questo vale soprattutto per gli adolescenti».

Quanto tempo passiamo sui social network?

Secondo i dati  più recenti, un adulto passa in media sul web 8/10 ore al giorno, ovvero quasi metà giornata. A risentirne è persino la nostra postura: è stata definita sindrome da tech neck, il dolore a livello cervicale, con sintomi che vanno dal mal di testa alla sensazione di contrattura alla schiena, legato all’uso quotidiano della tecnologia, smartphone in primis, su cui controlliamo notifiche e messaggi.

Paradossalmente, anche in compagnia di altre persone, cadiamo nella trappola di estraniarci per guardare i social.

«Quello che doveva essere sociale è diventato anti-sociale – precisa lo psicoterapeuta –  Un dato che dovrebbe farci riflettere? Quando arriva una notifica mentre siamo con un interlocutore in carne ed ossa, impieghiamo ben 64 secondi per recuperare la concentrazione su quello che stavamo facendo o ascoltando. Questo significa che se ci arrivano 5 messaggi, perdiamo 5 minuti di conversazione con chi ci sta davanti».

I campanelli d’allarme da non sottovalutare

Va da sé che riuscire a prendersi una pausa dai social, come dimostrato anche a livello scientifico, non può che farci bene, soprattutto se ci rendiamo conto che l’utilizzo di Instagram, Facebook o simili ci sta sfuggendo di mano. I campanelli d’allarme?

«Se si comincia a preferire la vita online a quella offline,  se si finisce per trascurare  lo studio o il lavoro e le relazioni sociali cominciano a risentirne è il caso di fermarsi a riflettere – precisa il Professor Lavenia –  in generale, tutto quello che porta a limitare aspetti significativi della propria vita è da intendersi come un campanello d’allarme da non ignorare».

Social network: come prendersi una pausa?

Assodato che prenderci una pausa dai social ci permetterebbe di vivere meglio, quali strategie possiamo adottare per limitarne l’uso o, quanto meno, per imparare a utilizzare i social in modo consapevole?

«Prima di tutto dobbiamo imparare a darci delle regole precise – conclude il Professor Lavenia – regole che devono valere tanto per noi quanto per i nostri figli: non possiamo impedire di usare il cellulare o di stare sui social quando siamo noi i primi a farlo. Una strategia utile può essere quella di ritagliarsi una volta a settimana un’attività detox lasciando a casa lo smartphone. E poi ancora, a pranzo e cena, assolutamente vietato il cellulare. Anche stabilire l’orario in cui lo smartphone si accende e si spegne può essere utile: per esempio, la mattina mai prima di colazione e la sera, dalle 21 al massino, togliere le notifiche per evitare di rimanere incollati ai social fino a tardi».

Articolo di FRANCESCA GASTALDI
Fonte: vanityfair.it

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