L’insicurezza che si sente quando, di colpo, il partner sparisce dalla circolazione e blocca ogni comunicazione, diventando irraggiungibile. L’ansia di quando l’ex torna all’improvviso con “mi piace” e messaggini, pur non facendosi mai trovare di persona e rispondendo raramente al telefono. Il disagio che proviamo quando la persona con cui si sta costruendo una relazione non è mai chiara sulla definizione di un rapporto, e sparge “cuoricini” su Instagram nelle foto altrui. Sono tutte sensazioni che, se portate all’eccesso, possono essere ricondotte a fenomeni, per lo più tossici e dannosi per il benessere della persona che li subisce, che hanno un nome ben preciso. Skuola.net, per San Valentino, ne ha raccolti 10 e li ha fatti spiegare da un esperto, lo psicologo e psicoterapeuta Giuseppe Lavenia.
Tanto per essere preparati e poter fuggire via lontano, se capitasse anche a voi.
Ghosting
Il re delle relazioni tossiche. Questo termine, derivante dall’inglese ghost, “fantasma”, sta a indicare la scomparsa improvvisa, a partire dai social, di una persona dalla vita sentimentale. Nella pratica, questo fenomeno rimanda al comportamento di uno dei due componenti della coppia consistente nell’ignorare l’altro partner, trasformandosi in un “fantasma”. Parola che fa riferimento anche alle conseguenze del ghosting visto che lo smarrimento associato alla sparizione di un legame affettivo può turbare e ferire.
“A livello psicologico, chi fa ghosting può agire a causa di forme disfunzionali di attaccamento nel corso dell’infanzia, di norma rispetto ad un genitore” spiega Lavenia. “Tutta questa sofferenza provata da piccoli – continua lo psicologo – può portare a ripetere il comportamento da adulti. Ma rovesciandolo. Sono loro, adesso, quelli inafferrabili”. Il ghosting viene considerato a oggi come una forma di violenza psicologica: il disagio che può provocare può essere molto forte. Il ghost, fuggendo senza affrontare a viso aperto il partner, di fatto non si prende la responsabilità della fine della relazione. In qualche modo, quindi, la scarica sull’altro. ”La vittima sviluppa spesso una ricerca ossessiva di eventuali comportamenti erronei commessi, fino a sentirsi profondamente “sbagliata”, e raggiungere un vero e proprio stato di autosvalutazione, frustrazione e solitudine”.
Zombieing
Una forma di violenza psicologica è anche l’improvviso riapparire. Lo zombieing, che diverse volte segue al ghosting, è un termine derivato dalla parola zombie. Il fantasma, insomma. “resuscita”, come succede nei film horror. La cosa, però, è solo temporanea e poco motivata, e spesso avviene tramite interazioni sui social network. Creando solo shock e stress al malcapitato.
Il partner ghostato, infatti, ancora fragile per l’esperienza appena vissuta, diviene nuovamente vittima essendo costretto a confrontarsi con l’improvviso ritorno del vecchio partner. Se prova ancora dei sentimenti per il “resuscitato” (lo zombie), non riuscirà ad eliminarlo dalla propria vita e proverà di nuovo ad accoglierlo. Spesso, però, a questo ritorno succede un nuovo allontanamento. Anche stavolta, senza alcuna spiegazione.
Al centro di tale fenomeno c’è il tema della “seconda possibilità”. Come spiega Lavenia, “lo zombie è consapevole del potere che esercita sulla vittima e tenta temporaneamente di tornare nella sua vita per ricevere amore, attenzioni e saziare il proprio ego. Salvo poi abbandonarla nuovamente non appena li avrà ottenuti”. Il fine è quello di riuscire ad acquistare il pieno controllo psicologico sulla vittima e manipolarla.
Orbiting
Si tratta di una sorta di evoluzione del ghosting: l’orbiting è infatti quel fenomeno che si verifica quando, dopo la decisione di chiudere una relazione, uno dei due partner cerca comunque di “rimanere nell’orbita” dell’ex. In termini pratici, in genere, il soggetto decide di interrompere il rapporto secondo le modalità del ghosting ma, allo stesso tempo, continua a interagire con l’ex esclusivamente a livello virtuale lasciando qualche like qui e lì, guardando le sue stories su Instagram, etc.
“Il comportamento dell’orbiter può destabilizzare perché fortemente contraddittorio. L’ambiguità potrebbe scaturire dal fatto che, in realtà, chi fa orbiting può non sentirsi in grado di iniziare una nuova relazione stabile e duratura ma, allo stesso tempo, non ha la forza di lasciarsi la storia alle spalle” spiega Lavenia. “L’orbiting è dannoso per il benessere di chi lo riceve perché rende ancora più difficile elaborare la fine di un rapporto, magari già causata dal ghosting. La presenza digitale dell’ex, infatti, non consente di rimarginare pienamente la ferita”.
Breadcrumbing
In qualche modo collegato ai fenomeni già elencati è il breadcrumbing: il termine deriva dalla parola breadcrumb che significa “briciola di pane”. Facile immaginare cosa può significare all’interno di una relazione amorosa. Il fenomeno indica chi imposta una relazione sulla base della non-definizione, inviando minimi segnali al partner per alimentare le sue speranze, pur sapendo già che il rapporto non potrà mai progredire. Anche in questo caso, la vita online può avere il suo ruolo: immaginiamo una persona che latita per giorni, ma che poi invia improvvisamente un messaggio romantico. Per poi rendersi di nuovo indisponibile.
“Anche qui è la contraddizione dei segnali inviati, consapevolmente, a rendere il breadcrumbing un comportamento tossico. Il fondamentale disimpegno contrasta con la contemporanea presenza di improvvise manifestazioni di interesse, che di fatto portano avanti a tempo indeterminato relazioni che non saranno mai basate su un reale sentimento”. Secondo lo psicologo, “tutto questo provoca una notevole sofferenza nell’altro partner, che può sviluppare la sensazione di sentirsi “in trappola” e, contemporaneamente, di essere in errore senza sapere il perché.”
Love bombing
Sembra che quest’espressione sia stata coniata negli anni ‘70 per descrivere il meccanismo attraverso cui i leader di alcune sette adescavano i loro adepti. Oggi, il love bombing (bombardamento d’amore) si riferisce all’effetto tossico e manipolativo, tipico di alcune relazioni romantiche, di intense dimostrazioni di affetto e attenzioni, generalmente nella fase iniziale, con l’obiettivo di influenzare il partner e di creare in lui una dipendenza affettiva. Con l’avvento del digitale, i lovebomber sono estremamente facilitati da social network e messaggistica istantanea nelle loro manifestazioni. Le quali, però, non derivano da un reale affetto alla base.
“Si tratta di una sorta di corteggiamento smisurato, fatto di dichiarazioni d’amore eccessive, continui richiami all’esclusività della relazione, una concentrazione costante e insistente sul rapporto, visto come priorità assoluta, e un’apparente preoccupazione di soddisfare i bisogni dell’altro/a”, conferma Lavenia. La prima spia, è che appare tutto “un po’ troppo” e “un po’ troppo presto”. Il lovebomber è capace di promettere amore eterno in poche settimane, sfruttando il bisogno di affetto della vittima, ma senza preoccuparsi che le sue parole abbiano un reale fondamento. Spesso, anzi, al love bombing si accosta, dopo poco tempo, un improvviso distacco, che causa un enorme sofferenza nella vittima, la quale nel frattempo ha sviluppato una dipendenza affettiva. “Tutto è dovuto al fatto che a scatenare il fenomeno è una ricerca egocentrica e ansiosa, che ha come fine ultimo quello di soddisfare l’ego di chi lo pratica. Proprio per questo, è spesso associato al disturbo narcisistico di personalità.”
Gaslighting
Il termine fa riferimento all’opera teatrale inglese “Gas Light” di Patrick Hamilton del 1938, dove il protagonista, per raggiungere i suoi obiettivi senza essere scoperto dalla moglie, utilizza una serie di metodi per farla dubitare di sé stessa e della sua stessa percezione. Con gaslighting si intende proprio quella forma di abuso e di manipolazione psicologica che spinge la vittima a dubitare della sua percezione della realtà e dei suoi pensieri.
“Si tratta di una forma di violenza psicologica insidiosa, dove le menzogne dell’abusatore vengono presentate alla vittima come verità anche davanti a evidenze. Queste ultime, invece, sono indicate spesso come frutto dell’immaginazione della vittima o di un suo errore”, interviene lo psicoterapeuta. Il gaslighting può comportare effetti gravissimi sulla psiche di chi lo riceve, perché “può ledere l’autonomia e la capacità di decisione e di valutazione della vittima, gettandola in uno stato confusionale”.
Benching
Il termine deriva dalla parola inglese bench, “panchina”, e ha per l’appunto il significato metaforico di “lasciare qualcuno in panchina” nelle relazioni amorose. Si riferisce a una serie di strategie messe in atto per tenere in attesa una persona, con la quale però non si desidera, per il momento, avere una relazione seria. Nel frattempo, però, il bencher si guarda intorno e intrattiene rapporti anche con altre persone. Il fenomeno è vicino a quello del breadcrumbing, ma la differenza è che il bencher non vuole tenere a sé una persona con il fine di sentirsi amato, ma desidera tenersi “aperto” a più opzioni sentimentali, senza sceglierne nessuna.
“Il risultato è che la vittima del bencher vive un costante stato di incertezza” spiega Lavenia. Visto che il bencher si fa vivo e poi si allontana a suo completo piacimento, magari senza più rispondere a telefonate o messaggi per poi tornare come se niente fosse, la persona vive in una situazione di logorante stagnazione sentimentale. “La vittima del benching diventa quindi una specie di “spettatrice”, passiva e dipendente dalle azioni e dalle intenzioni del bencher”.
Paperclipping
Questo termine, che significa letteralmente “fermare qualcosa con una graffetta”, deriva dal Clippy di Microsoft Word che, fino al 2007, compariva improvvisamente sul foglio di lavoro del noto programma di scrittura per fornirci consigli o proporci aiuto. Il collegamento tra la graffetta e le relazioni amorose è nato pochi anni fa da un’illustrazione di Samantha Rothenberg che ha usato questa icona come elemento visivo per descrivere un tipo di comportamento traballante in amore.
Da quel post, il termine paperclipping è diventato presto virale per esprimere un concetto che si colloca tra il benching e lo zombeing. Chi lo pratica, infatti, in maniera egoistica e insensibile rispetto ai sentimenti dell’altro/a, scompare per poi ripresentarsi di tanto in tanto solamente per sapere se la vittima sia ancora lì a disposizione. “Anche in questo caso, gli effetti per chi subisce le momentanee apparizioni sono tossici e dannosi, perché lo mantengono in uno stato di stressante attesa o di sottile legame con chi, in realtà, non ha alcun interesse nel rapporto”.
Textlantionship
Così come si deduce dall’unione dei due termini inglesi che formano la parola, text e relationship, la textlationship è una relazione che esiste solo tramite messaggio, cosa più comune di quanto si pensi nell’era dei social. Un esempio può essere il caso di Pamela Prati e del suo Mark Caltagirone, persona che non aveva mai visto e con cui aveva scambiato solamente messaggi d’amore virtuali. Spesso relazioni di questo tipo vengono portate avanti da persone impegnate o che, per diverse motivazioni, non sono intenzionate a essere viste o riconosciute, o a trasferire la relazione nella realtà.
Tuttavia, spesso, l’altra persona viene ingabbiata in una vera e propria storia d’amore “virtuale”, che però non sarà mai trasferita sul piano reale. L’attesa di un messaggio, nel frattempo, va a generare adrenalina, aspettativa, idealizzazione.
“L’ inganno emotivo in cui si può cadere è il rischio principale della textlantionship, con l’aggravante che è lo stesso partner coinvolto che contribuisce a costruirla. Il rapporto esiste solamente a livello digitale e puramente ideale e a tenerlo in piedi è l’attesa, da parte di uno dei due, che prima o poi si concretizzi. Ma ciò è impossibile”, sostiene Lavenia.
Kittenfishing
Questo termine deriva da kitten, che significa “gattino”, e fishing, che metaforicamente sta per “caccia”, e descrive quello che avviene quando, sui social, si usano foto non corrispondenti alla realtà (magari di qualche anno prima o modificate) per apparire in modo “migliore” di ciò che si è. In sostanza è un fenomeno che attraverso foto o creazione di profili social che si avvicinano solo parzialmente alla realtà, nonché “bugie bianche”, considerate innocenti, mira alla creazione di un’immagine molto idealizzata di sé stessi al fine di ingannare l’altra/o per ottenere un flirt. È un parente del catfishing, con la differenza che, in questo caso, non si mente del tutto sulla propria identità: le foto, insomma, non sono false ma pesantemente modificate.
“Chi fa kittenfishing, in genere, dimostra una bassa autostima e vuole trasmettere un’immagine di sé rispondente a canoni condivisi dal resto della società, attraverso cui pensa di poter ottenere maggiore apprezzamento o addirittura interesse amoroso. La vittima, in questo modo, viene portata a credere di aver trovato la persona giusta con cui sviluppare una relazione sentimentale, salvo poi trovarsi davanti qualcun’altro. Ma può anche succedere che, per paura che l’inganno sia scoperto, chi lo pratica non concretizzi mai il rapporto sul piano reale”, afferma Lavenia.