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La morte social

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La scelta di documentare un’aggressione deve sì indignare, ma anche farci riflettere sull’uso che costantemente facciamo dello smartphone.

Prendere in mano il telefonino e iniziare una ripresa video, in alcuni casi anche in diretta sui social, è diventato normale.

Ma è giusto quando si vuole denunciare un’ingiustizia o una violenza. Diventa aberrante quando si sceglie di filmare l’agonia e la morte di un uomo, chiudendo gli occhi e il cuore sulla sofferenza di una Persona.

Questo è successo a Civitanova Marche: in molti che hanno assistito alla tragica violenza, anziché chiamare la Polizia o ancor meglio provare a bloccare l’omicida, hanno scelto di essere pubblico indifferente. E non prendere le difese dell’uomo inerme.

Come se non bastasse, durante la ripresa hanno urlato di smettere, incaricando quanti stavano guardando il video di chiamare i soccorsi.

Ma non è così che funziona. Il Bene Comune è responsabilità di ciascuno e di tutti. La convivenza civile, la pace e persino l’ordine non sono il frutto di “lasciamo che ci pensino gli altri”.

Lo smartphone e i social sono utili mezzi quando creano azione e relazione. Diventano strumenti di morte – e sono tanti i modi per morire “dentro” – quando smettiamo di essere empatici e non riusciamo a metterci nei panni dell’altro. Anche se è africano, povero e spesso guardato con fastidio.

Chi salva un uomo, ha già salvato il mondo e ha salvato anche sé stesso.

Scegliere di stare a guardare e non provare a fermare il massacro di un uomo è tanto triste quanto tragico.

«È urgente una riflessione di tutti – spiega il dottor Giuseppe Lavenia, Presidente dell’Associazione Nazionale su GAP, Cyberbullismo e patologie generate dal Web – È del tutto evidente che siamo arrivati a un livello di regressione generale. Il telefonino è diventato uno strumento non solo per condividere, ma soprattutto per anestetizzare la realtà, congelare la paura e “controllare” l’emozione. È davvero preoccupante che nessuno abbia sentito il bisogno di aiutare il povero uomo. Il pensiero dominante diventa sempre di più: LO VIVO SOLO SE LO CONDIVIDO. Un inganno tanto evidente, quanto tragico e debordante”.

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