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Sognare troppo ‘ad occhi aperti’ non fa bene

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Frascati, a pochi chilometri da Roma. I giovani hanno risposto a un questionario che indagava, tra le altre cose, la loro abitudine a sognare a occhi aperti, un’espressione, spiegano i ricercatori, che si riferisce a tutti quei casi in cui la mente si stacca dall’evento a cui si sta assistendo e produce pensieri sia realistici (per esempio la pianificazione delle vacanze o il ‘replay mentale’ di eventi passati), sia di fantasia.

La creatività

Questa forma di pensiero, precisano gli studiosi dell’Istituto Superiore di Sanità, è del tutto fisiologica e “può essere importante per diverse funzioni come il pensiero creativo, per trovare un significato alle esperienze personali o pianificare attività future. Tuttavia, quando è ricorrente e diventa dispendioso in termini di tempo, può essere associato a emozioni negative”.

I ricercatori hanno scoperto che il 12,7% dei ragazzi era eccessivamente impegnato in queste attività di astrazione dalla realtà. Anche se non arrivavano a un livello patologico, ciò aumentava comunque il rischio di incorrere in disturbi psichici, in particolare ansia e depressione, sintomi ossessivi-compulsivi, disturbo post-traumatico da stress. Secondo i ricercatori, i risultati dello studio fanno emergere il fatto che l’abitudine a sognare a occhi aperti possa essere un indicatore importante per valutare il benessere psichico degli adolescenti.

Le sensazioni positive

Sognare, entro certi limiti, ha comunque una funzione postiva per gli adolescenti. Sono loro a immaginare di più il futuro e a fare progetti che il più delle volte non si realizzano. “Sono tipiche dei ragazzi di quell’età le cosiddette “rêverie”, fantasticherie o sogni ad occhi aperti, che possono produrre sensazioni positive, eccitazione, stati di autoesaltazione e di automotivazione. Vengono immaginate, da svegli, situazioni e scenari (per esempio competizioni) con le rispettive emozioni. Trattandosi di un fenomeno fisiologico tipico dell’età non parlerei di patologia. Può darsi che qualche volta siano collegate a forme di disagio o di isolamento, ma non ne sono necessariamente la causa”, commenta Anna Oliverio Ferraris, psicologa, psicoterapeuta e professore ordinario di Psicologia dello sviluppo all’Università della Sapienza di Roma.

Quando sognare fa bene

“Il sogno è il tentato appagamento di un desiderio” diceva il padre della psicoanalisi Sigmund Freud, a voler evidenziare che con i sogni tentiamo di esprimere ciò che vogliamo realizzare. “Sognare o meglio fantasticare ad occhi aperti fa bene. Fantasticare è segno di buoni processi creativi e con questa attività alleniamo la mente a rimanere attiva. E’ una sorta di vero vantaggio evolutivo questa nostra capacità di distrazione della mente. Ci permette inoltre di prenderci delle micro pause per programmare il futuro a breve e lungo termine, per rielaborare alcune emozioni, o per staccare semplicemente dalla noia – spiega Giuseppe Lavenia, psicoteraupeta e presidente dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche – . Ricordiamoci che quasi tutti sogniamo ad occhi aperti periodicamente e la maggior parte degli studi internazionali indicano come il 96% degli adulti si impegna, quotidianamente, in fantasie ad occhi aperti e lo facciamo mediamente per circa 14 secondi”.

Disturbo da fantasia compulsiva

A volte però ‘sognare ad occhi aperti’ inganna e porta fuori dalla realtà, fino a nuocere alla mente dei giovani. “Come sempre il troppo stroppia e se il sognare ad occhi aperti supera alcuni limiti può diventare pericoloso. Esiste infatti un possibile rischio chiamato ‘disturbo da fantasia compulsiva’ – aggiunge Lavenia – he può condurre chi sogna costantemente ad occhi aperti a sostituire i sogni all’interazione reale con gli altri provocando naturalmente conseguenze negative nella vita della persona. Questo tipo di difficoltà si può presentare però in presenza di un grave trauma o abuso; il sognare ad occhi aperti diventa quindi una sorta di stategia per “scappare” da situazioni o ricordi dolorosi o spiacevoli. Questo tipo di disturbo non è ancora classificato e necessità naturalmente di ulteriori ricerche come ad esempio quella di Frascati”.

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